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L’Italia è ancora un paese per imprese?

Comunicazione Istituzionale

A mettere in fila determinati interventi del Legislatore nazionale parrebbe proprio di no. Parrebbe doversi confrontare con un’ideologia contraria al fare impresa, e in particolare al fare impresa nel settore dei dispositivi medici. Ci si riferisce alla norma sul Payback, al blocco dei pignoramenti in caso di morosità nei pagamenti da parte delle aziende sanitarie, e alla tassa dello 0,75% sul fatturato.

 

Payback

Introdotto dalla Manovra finanziaria 2015, prevede che, in caso di sforamento del tetto alla spesa pubblica in dispositivi medici (di cui alla legge n. 111/2011, art. 17) da parte di una regione, una parte (pari al 40% nel 2015, al 45% nel 2016 e al 50% a decorrere dal 2017) della spesa in eccesso debba venir rimborsata dalle imprese fornitrici (ciascuna pro-quota verosimilmente in base all’incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa nella regione in questione).

Si tratta di un meccanismo fortemente vessatorio nei confronti delle imprese fornitrici. Queste partecipano a gare pubbliche, per la gran parte centralizzate ovvero soggette a fortissima concorrenza sui prezzi, nelle quali è la stazione appaltante a quantificare il proprio fabbisogno, a stabilire se le offerte ricevute sono congrue e infine a scegliere tra di esse quella che meglio la soddisfa; e una volta aggiudicatasi una gara, un’impresa non ha alcuna possibilità di cessare la fornitura, anzi è per legge tenuta a non interrompere il proprio servizio.

Si tratta di un escamotage per non pagare (facendoselo rimborsare) una parte del prezzo precedentemente pattuito e contrattualizzato a valle di una gara pubblica nella quale, come detto, è la Pubblica Amministrazione a fissare tutti i parametri.

Esso finirebbe per impattare pesantemente sulla remuneratività delle forniture andando così a scontrarsi con il consolidato principio giurisprudenziale per cui gli appalti pubblici devono pur sempre essere affidati a un prezzo che consenta un adeguato margine di guadagno; questo anche perché forniture non remunerative, ovvero non sostenibili, per le imprese affidatarie finirebbero per ritorcersi sia su queste ultime, sia sulla Pubblica Amministrazione stessa.

Si tratta di un meccanismo illogico che colpirebbe indiscriminatamente comparti molto diversi tra loro (essendo questo settore, in particolare, estremamente eterogeneo e frammentato), così che anche le imprese che avessero visto contrarsi il proprio mercato e/o il proprio fatturato negli ultimi anni verrebbero comunque chiamate contro ogni logica a rimborsarne una parte.

Si tratta di un’imposizione che, se penalizzerebbe le grandi imprese multinazionali, porterebbe addirittura alla chiusura molte pmi italiane che hanno nel mercato domestico il loro unico mercato di sbocco; e così facendo verrebbero depotenziate le norme europee in tema di acquisti pubblici a tutela delle pmi.

 

Blocco pignoramenti

Si tratta del divieto di agire esecutivamente nei confronti degli enti del S.S.N. sino al 31 dicembre 2021, previsto dall’art. 117, comma 4, D.L. n. 34/2020.

La disposizione, che è già stata rimessa alla Corte costituzionale da parte del Tribunale di Napoli (Sez. XIV civ.) con ordinanza del 20.12.2020, segue un’analoga disposizione che venne introdotta nel 2011 (art. 1, comma 51, Legge n. 220/2010) e che successivamente è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta con sentenza n. 183/2016.

La novella legislativa sembra avere il medesimo destino della precedente, a maggior ragione considerando che ora il divieto di procedere esecutivamente al recupero delle somme dovute lo si vorrebbe esteso anche nei confronti delle aziende sanitarie morose che non sono in stato di insolvenza.

Siamo quindi di fronte a un provvedimento del tutto simile a un altro già dichiarato incostituzionale e ciò nonostante disposto cercando per giunta di alzare la posta in gioco.

 

Tassa dello 0,75% sul fatturato

Poche settimane fa, con l’approvazione della Legge n. 53/2021, il Parlamento ha delegato il Governo all’emanazione di un decreto legislativo che preveda l’imposizione a carico delle imprese che producono o commercializzano dispositivi medici di una quota non superiore allo 0,75% del fatturato da esse realizzato con enti del S.S.N. (art. 11, comma 1, lett. h).

La tassa è destinata a finanziare le nuove procedure di vigilanza, sorveglianza del mercato e controllo della sicurezza dei dispositivi medici, così come implementate dal Regolamento UE n. 2017/745 (come modificato dai Regolamenti UE nn. 2017/746 e 2020/561). Un regolamento che peraltro contiene disposizioni più stringenti che si tradurranno, già esse stesse, in un aggravio di costi per le imprese del settore.

In questo quadro l’Italia è l’unico paese europeo ad aver introdotto una simile imposizione, laddove invece attività di questo tenore sono generalmente finanziate dalla fiscalità generale.

Siamo quindi di fronte a una tassa extra che andrà a pesare sulle imprese italiane e che, non è difficile immaginarlo, non sarà di loro aiuto nell’investire in ricerca e innovazione in Italia.

Auspichiamo che consolidati principi giurisprudenziali, principi costituzionali, norme europee, il prevalere del buon senso insieme portino alla cancellazione di suddette disposizioni.

 

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